07 - Altare di S. Pancrazio

Probabilmente intorno al 1904 il parroco don Rho fece costruire un artistico altare in marmo pensando di dedicare a S. Pancrazio una cappella. Nel tempio ampliato, al Santo martire, venne riservato uno spazio tutto suo: la cappella sulla sinistra. La sua decorazione, opera del prof. Vago, fu curata dal parroco don Giacomo Colli; l'altare in marmo rosso venne eseguito dalla ditta Arnaboldi di Bovisio. I quadri, ivi raccolti, sono opera del prof. Adolfo Magrini, che disegnò anche le cornici eseguite dalla ditta F.lli Ghianda fu Iginio di Bovisio. In occasione della festa di S. Bonifacio del 1948 essa fu benedetta da mons. Adelchi Albanese vescovo di Viterbo e Tuscania.

La cappella è sopraelevata di un gradino rispetto al piano della chiesa e separata dalla navata da una balaustra in marmo policromo, con cinque colonnine e quattro pilastrini. Un cancello in ferro battuto immette nello spazio, in cui si trova l''altare addossato alla parete di fondo. Due gradini portano alla predella formata da un piano di legno intarsiato con motivi decorativi. L''altare in marmo è sorretto da due colonnine; il grado è in marmo con specchiature policrome e basamento e cimasa neri: su di esso si trovano quattro candelieri identici a quelli già trovati negli altri altari. Alle pareti si trovano tre dipinti, anch''essi opere del pittore Adolfo Magrini, riguardanti episodi della vita del santo.

Pancrazio, vissuto probabilmente verso la metà del III sec. d.C., nacque in Frigia nell''Asia Minore da genitori pagani. Fu affidato allo zio Dionigi, che lo condusse a Roma dove il giovinetto aveva una ricca eredità patema; qui l''incontro con papa Cornelio li portò alla conversione e al battesimo. Fu arrestato in seguito ad un editto di Diocleziano contro i Cristiani (303-305): Pancrazio per la giovane età venne condotto davanti all''imperatore, ma rifiutò di rinunciare alla sua fede cristiana e adorare gli idoli pagani. Per questo l''imperatore lo fece decapitare; fu sepolto lungo la via Aurelia nel cimitero di Octavilla. La leggenda legata alla sua morte sorse probabilmente nel VI-VII sec. e collocava la sua decapitazione nel 304, attribuendo al santo martire l''età di 14 anni; di qui l''iconografia con cui di solito Pancrazio è rappresentato: un giovane romano con la spada della sua decapitazione e una palma, simbolo del martirio.

La tela sulla parete a sinistra ritrae il battesimo del martire, rappresentato come un giovanetto inginocchiato al centro del dipinto mentre di fronte a lui, volgendo le spalle a chi guarda il quadro, si può vedere forse lo zio Dionigi. In piedi è papa Cornelio che battezza i due, versando l''acqua benedetta da una conchiglia; per terra sono sparsi boccioli di rosa. La tela, firmata e datata (1949), misura 310x200 cm, come quella che sta di fronte.

Il dipinto al centro è il più grande e rappresenta la confessione di S. Pancrazio, ossia l''episodio in cui il giovane martire rifiuta di abiurare la propria fede e adorare gli dei pagani. Davanti all''imperatore seduto su un monumentale trono, il giovane Pancrazio è posto di fronte ad un''ara su cui si trova una statua, rappresentante probabilmente il dio Mithra, un culto proveniente dall'Oriente che si diffuse a Roma nel III-IV secolo: si vede il dio con un berretto frigio che sgozza con un pugnale un toro inginocchiato, mentre un cane si slancia verso l''animale per leccarne il sangue e un serpente striscia sotto il suo corpo.

Sullo sfondo si trova una statua della Vittoria alata, che reca in mano una corona e una palma: essa nella mitologia antica era una inviata degli dei che scendeva sulla terra per incoronare i vincitori e la sua iconografia è servita ai primi cristiani come ispirazione per le figure degli angeli. La lunetta sopra al dipinto ci mostra un angelo che tiene in mano una corona e un ramo di palma, divenuti per il Cristianesimo i simboli del martirio e della vittoria del Santo sulla morte.

A destra infine si vede il martirio di S. Pancrazio: il giovane è inginocchiato con la testa su un ceppo già insanguinato; il boia in piedi sta alzando la scure e una pia donna si prepara a raccogliere la testa che verrà presto mozzata. Sullo sfondo altri cristiani prigionieri, forse in attesa del loro martirio, sono in atteggiamento di disperazione. La luce entra da una finestra in alto chiusa dalle sbarre. La tela è firmata in basso dal pittore.

Le pareti, decorate da A. Vago mostrano motivi geometrici, dai colori vivaci e alcuni disegni simbolici: in alto due giovinetti ricordano probabilmente il santo; poi il monogramma chi-rho (le lettere iniziali del nome di Cristo in greco), che la tradizione attribuisce all'imperatore Costantino, con alpha e omega, ovvero la prima e l''ultima lettera dell''alfabeto greco, un uccello, probabilmente l'araba fenice, mitico uccello che viveva moltissimi anni e che rinasceva dalle proprie ceneri, simbolo dell'immortalità dell’anima e della risurrezione di Cristo, con un ramo di palma; un pesce con un cestello di pane sopra, il simbolo il primo di Gesù Cristo (la parola greca IXTUS è formata dalle iniziali dell’espressione sempre greca Gesù Cristo, figlio di Dio Salvatore) e il secondo del pane dell'Eucaristia. Nella sommità della volta sono raffigurati la croce e un agnello ferito, simbolo del Cristo, sacrificato come agnello condotto al macello.

 

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.